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"Nell'anno del Signore 1082. La contessa Matilde, insieme con il vescovo Anselmo, che in quei giorni era anche vicario di Gregorio VII in alta Italia, chiese all'abate Gerardo che il tesoro della Chiesa di Canossa fosse mandato al papa per essere utilizzato nella difesa della Chiesa di Roma, che in quel tempo subiva una grande persecuzione da parte dell'eresiarca Guiberto." In uno dei frangenti più aspri dello scontro tra papato e impero, Matilde avrebbe donato al pontefice, oltre al tesoro della chiesa di Canossa, anche tutti i suoi possedimenti, secondo quanto riportato dalla discussa donazione scolpita nel marmo nel 1102, conservata nelle Grotte Vaticane ed eccezionalmente esposta a Reggio Emilia. La mostra intende rievocare il "tesoro" dei Canossa, tesoro non solo costituito da preziose oreficerie, sontuosi codici e arredi liturgici, ma, nell'accezione propriamente medievale del termine, dai castelli, dalle chiese e dai monasteri fondati e sostenuti con continuità dai Canossa, ma anche dalle tombe dei propri avi che assieme alla cosiddetta "Vita Mathildis", commissionata negli stessi anni al monaco Donizone, doveva tramandare la memoria della propria stirpe e rendere eterno l'honor della dinastia. La mostra, dunque, attraverso circa duecento opere provenienti da tutta Europa consente di ripercorrere le vicende della dinastia canusina, che raggiunge con Matilde il suo apice politico e culturale.